Pasqua
Don Michele Do

Ricordo don Michele Do, nel giorno del suo compleanno, era nato il 13 aprile 1918 a Canale d’Alba.
Possiamo vivere il suo dono con rinnovata accoglienza.

“Ci sono stati tre passaggi nel ricordo dei miei morti, che sono stati illuminanti. C’è stato un primo momento del rimpianto di non aver fatto, allora dicevo: “Facciamo le cose in memoria di e in suffragio di”. Poi c’è stato un altro passaggio, non attraverso lezioni teologiche, ma grazie agli incontri, perché gli incontri della vita sono le più alte lezioni. Con la moto andavo un tempo a trovare Padre Acchiappati a Genova e là c’era una donna amica, consumata da un tumore, che si era come stabilizzato per lunghi anni, ed era oramai al termine. Eravamo noi due soli, ho celebrato la Messa nella sua camera, lei distesa nel letto, mi ha detto: “Don Michele, il ringraziamento lo facciamo dialogando” e allora mi sono seduto accanto al letto: capelli neri, occhi neri, scavati, un volto di una intensità, di una forza spirituale inusuali. A un tratto mi dice queste parole: “Don Michele, quante cose belle faremo insieme quando io sarò lassù “. Parole gettate nella zolla del cuore.
Ho vissuto un’altra esperienza, quando salivo su al Quintino Sella dove c’era un grande amico, Camillo, il custode del Rifugio. In quegli ultimi anni la moglie Matilde, non poteva più, per problemi di cuore, salire su al Quintino Sella. Era il tramonto, una serata di luce, un miracolo di luce. E Camillo mi dice: “Vieni con me”; ha preso uno specchio, l’ha messo in tasca e siamo avanzati su uno sperone di roccia, dove dall’alto si vedeva la sua casa posta tra i due Gressoney. Era l’ora convenuta quando c’erano giornate di luce, Camillo ha tirato fuori dalla tasca lo specchio, ha raccolto la luce dall’alto e l’ha gettata in basso davanti a casa sua, dove c’era Matilde, in attesa di quelle che da allora io ho chiamato “carezze di luce”.
E poi c’è stato un terzo momento in questo percorso tra me e quelli che sono andati più in alto, sono passato dal patire la lontananza a vivere la presenza, l’in-esse, quello che Gesù ha espresso nell’ultima cena dicendo: “Tu in me, io in Te, noi in loro, loro in noi, consumati nell’unità”.
Se nella vita io tento fino in fondo, di gettare l’anima perdutamente, non è più né in memoria, né in comunione con i miei morti, ma nel mio sforzo, nella mia tensione, nel mio pensiero, nella fatica di essere fedele ad un sogno, ci sono tutti loro. Siamo uniti, non c’è più né distacco, né lontananza, ma c’è l’in-esse di cui parlava Gesù nell’ultima cena. E questo, amici, è il dono più bello, è il frutto della vecchiaia e penso che sia anche il commento più bello alla pagina di Emmaus che abbiamo letto, dove Cristo non è più una presenza, neanche dialogante, ma come dice San Paolo quando afferma: mihi vivere Cristus est , il mio vivere, il mio essere, la mia esistenza si identifica con Cristo, è uno con loro, è uno in loro.
Questo mi sembra l’orizzonte in cui la pagina di Emmaus e questa festa di Pasqua ci restituiscono tutto, ma in una più alta luce e una più alta presenza.
Non c’è più né lontananza, né distacchi, ma c’è l’in-esse di noi in Dio e di Dio in noi.
Questo è l’augurio che faccio a me, faccio a tutti gli onesti cercatori di verità, a tutti quelli che soffrono. Come ho detto, ho cancellato dal mio vocabolario la parola certezza perché mi sembra presuntuosa e orgogliosa, ma cammino con letizia, nelle ultime luci del tramonto, con queste mie dubitose chiarezze. E sono le dubitose chiarezze che mi auguro continuino a esistere in me, in tutti gli amici e in tutti i cercatori appassionati di verità, credenti e non credenti”.

Michele Do – Di cominciamento in cominciamento – Pasqua 2000 

Don Michele Do

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