Come il fiore del campo Meditazione in movimento Santuario di Tresivio

Ricerca di Dio
Don Michele Do

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IL LABORATORIO TEATRALE

‘PELLEGRINI DEL SENSO’

sulle tracce dei maestri di spiritualità  per un’immagine creativa del Cristianesimo

                 presenta

Come il fiore del campo          

frammenti essenziali… lucerna sul mio cammino

Una meditazione in movimento sui passi di  

don Michele Do      

Santuario di Tresivio – Sondrio       

Dom.3 settembre 2017      

                                COORDINAMENTO   Mira Andriolo

DRAMMATURGIA

Mira Andriolo e Fabio Bordighi

con la consulenza di

Silvana Molina e don Piero Racca

RECITANTI

Marta Adorno

Fabio Bordighi

Marta Ferrero

Antonio Pedrazzoli

Nicoletta Bordone

Valeria Conti

Ernesto Pedrazzoli

CANTI

a cura di Don Gino Chiesa

Maria Antonia Flori

COME IL FIORE DEL CAMPO

frammenti essenzialilucerna sul mio cammino

una meditazione in movimento su passi di Don Michele Do

 

 

 

SCENA VUOTA

 

Lo spazio scenico è delimitato da un grande tappeto di juta. Alcuni oggetti di vita quotidiana (stoviglie, sgabelli, un tavolo, pentolino…) sono disposti per loccorrenza agli angoli della scena. Lungo il lato sinistro è posizionato uno sgabello, con accanto un gong e un ripiano dove sono posati campanelli e una candela spenta.

 

 

INTRO – ORGANO (dolce)

 

Entra un Pellegrino [Antonio, da ingresso altare dx]

 

 

PELLEGRINO [Antonio]:          Diminuire acconsentendo … consentire con animo sereno … distacco appassionato … Le mani di mia madre … mai mi hanno accarezzato, ma sempre benedetto … Ricordo quando ero bambino, camminavo sul muretto alto e la mamma tendeva le braccia dicendomi: “gettati, non avere paura” ed io dal muretto, con fiducia mi gettavo e c’erano due braccia aperte ad accogliermi e ad afferrarmi.

Così penso alla morte…ad attendermi con le braccia

spalancate.

I Vangeli raccontano le testimonianze della fede delle comunità primitive e dei discepoli che hanno condiviso l’esperienza di Gesù, ma non sono libri di storia e tanto meno di cronaca. Sono libri di fede, di fede radicata nella storia, sono la testimonianza di un’esperienza spirituale condivisa con Gesù di Nazareth.

I Vangeli traducono quella grande esperienza di vita che non si è conclusa con la morte di Gesù.

Gesù ha detto: “È bene per voi che io salga al Padre, perché Egli manderà il suo Spirito il quale vi introdurrà giorno per giorno nella verità tutta intera”, nella profondità della verità. L’esperienza cristiana non si chiude con la morte di Gesù.

 

 

Il Pellegrino esce. [Exit Antonio, da uscita altare destra]

 

Entra un Monaco [Fabio, da ingresso sin]. In silenzio, sistema al centro del tappeto una ciotola di legno, una caraffa, un tovagliolo di lino e una lucerna. Si siede allo sgabello di sinistra.

 

Il silenzio è rotto dal suono del triangolo suonato dal Monaco.

 

 

QUADRO 1 – Omelia per il fratello morto

 

Entra un Pellegrino [Ernesto, da ingresso altare sin]. Raggiunge il centro della scena e si inginocchia raccolto.

 

Il Monaco suona il triangolo.

 

 

MONACO [Fabio]:                  La mia casa è vuota, ma non deserta.

 

 

Al terzo tocco del triangolo, entrano una figura angelica [Marta A., da ingresso dx. 1], la quale regge una candela accesa e si inginocchia accanto alluomo, mentre un Pellegrino [Marta F., da ingresso altare sin] entra e osserva la scena.

Allaccensione del lume, il Monaco suona il triangolo per la quarta volta.

 

 

MONACO:                              In lumine tuo videbimus.

 

 

Langelo prende la caraffa e versa acqua nella ciotola. Poggia una mano sulla spalla delluomo, che alza il volto da terra. Langelo guida la mano delluomo nel prendere il tovagliolo, bagnarlo e lavarsi il volto.

 

 

MONACO:                              Mi sembrava di essermi lavato il volto nella rugiada del mattino.

 

 

Luomo prende di nuovo il tovagliolo dalla ciotola e lava il volto dellangelo. Riposto il tovagliolo, i due si prendono per mano.

 

 

MONACO:                              Se io mi purifico aiuto loro, i nostri morti, che sono ancora in cammino, a purificarsi. Ci portiamo a vicenda. Ci assumiamo gli uni con gli altri.

 

 

Il Monaco suona il triangolo.

 

 

MONACO:                              Al mattino del sabato per la festa della Resurrezione, quando si scioglievano le campane nell’alleluja, ricordo la mamma che ci prendeva per mano, si scendeva nel cortile, si pompava l’acqua dalla fonte e ci lavava gli occhi … per vedere in una luce nuova.

Non siamo soli. La mia casa è vuota … ma non deserta.

 

 

Il Monaco suona il triangolo.

 

MONACO:                              Occhi nuovi per cieli nuovi.

 

 

Dopo lultimo rintocco del triangolo, il Monaco esce [Exit Fabio, da uscita sin].

Luomo e langelo spostano gli oggetti sul tappeto ai margini della scena. La lucerna accesa viene sistemata accanto al leggio posto allestrema sinistra della scena. [Exit Ernesto e Marta A., da uscita dx. 1].

Il Pellegrino, rimasto solo in scena, mentre guarda l’angelo allontanarsi dice:

 

 

PELLEGRINO [Marta F.]:         Chi muore non ci abbandona, sale. Dall’invisibile, il loro bene ci accompagna, ci arricchisce, diventa pane nel nostro cammino di viatori ancora su questa terra.

Le barriere dell’invisibile non spezzano la nostra comunione

con loro.

Man mano che mi abbandono, cresco e percepisco ulteriori chiarezze, approdi mai definitivi: il mistero non ha soluzioni …

Le chiarezze interiori non si raggiungono con la punta dell’intelligenza raziocinante e neppure con uno sforzo muscolare di volontà, ma attraverso un pensiero che fruttifica e matura solo su una lunga fedeltà: come la pianta che è fedele alle radici e alla linfa che sale, e la linfa ha i suoi ritmi che non possono essere impunemente violentati.

La verità ha le sue ore, le conosce e le sa attendere.

 

 

Entra un Pellegrino. [Antonio, da ingresso altare dx]

 

 

PELLEGRINO [Antonio]:          Il Vangelo resta un’astrazione se non ha una risonanza attraverso un’esperienza di vita e l’esperienza di vita dell’essere umano rimane un mistero indecifrabile se il Vangelo non la illumina.

 

PELLEGRINO [Marta F.]:         Il Cuore dell’uomo e il Vangelo: due realtà egualmente sacre che stanno tra loro come la sete e la sorgente.

 

 

I Pellegrini escono di scena. [Exit Antonio e Marta F., da uscita dx 1]

 

 

SCENA VUOTA

 

 

QUADRO 2 – Prologo di Giovanni CANTO Veni Sancte Spititus (1/2 strofe)

 

Entrano il Monaco (Don Gino) e un Pellegrino. [Fabio e Don Gino, da ingresso sin].

Il Monaco entra cantando il Veni Sancte Spiritus  (lo segue Coro di pellegrini?). Pellegrino (Fabio) attraversa la scena accendendo le torce con una candela ed esce [Exit Fabio, da uscita dx. 1].

 

Il Pellegrino (Fabio) e gli altri Pellegrini entrano in fila cantando [Tutti, da ingresso dx. 1] e si dispongono per la preghiera. Il Pellegrino che chiude la fila [Ernesto] si avvicina al leggio.

IL MONACO sospende il canto

Il Pellegrino (Fabio) suona il triangolo, tutti i Pellegrini si siedono.

 

 

PELLEGRINO [Ernesto]:          Homo viator spe erectus! Pellegrino in cammino nell’oscurità guidato da chiarità stellari, obbedendo a segnalazioni interiori cerca insonne un volto di luce al mistero che lo avvolge.

 

MONACO (DON GINO): CANTO Veni Sancte Spiritus (1 strofa)

Al nuovo tocco del triangolo, il Coro riprende il canto del Veni Sancte Spiritus.

Il Pellegrino si sposta dal leggio e prende posizione insieme agli altri al centro della scena.

Un altro Pellegrino si alza e rovescia dell’acqua in una brocca.

 

 

PELLEGRINO [Ernesto]:          La secolarizzazione, pur con tutta la sofferenza e la devastazione, non potrebbe essere come una grande scossa tellurica dello Spirito Santo che spoglia la Chiesa di tutto il “soperchio” e la restituisce alla pura essenzialità della sua verità divina? Povera e libera, liberamente povera e perciò creativa come alle origini? Restituita alla bellezza originaria, immagine “piena di grazia e di verità”.

 

 

CANTO Veni Sancte Spiritus (1 strofa)

 

 

PELLEGRINO [Nicoletta]:       Cristo non ha fondato una religione accanto ad altre religioni, ma ha rivelato la profondità sacra di tutte le religioni.

 

 

CANTO Veni Sancte Spiritus (1 strofa)

 

PELLEGRINO [Valeria]:           Dobbiamo ripensare e rileggere tutti i punti sorgivi del cristianesimo. Ritrovare la pura immagine sorgiva.

 

 

CANTO Veni Sancte Spiritus (1 strofa)

 

 

PELLEGRINO [Marta F.]:         In Principio era il Verbo: in Principio è l’Immagine. L’immagine che è alle radici, l’immagine che è radice e fondamento.

 

 

CANTO Veni Sancte Spiritus (1 strofa)

 

 

PELLEGRINO [Marta A.]:        Se l’immagine rimane pura e creativa, pura e creatrice sarà la vita spirituale che ne fluisce.

 

 

CANTO Veni Sancte Spiritus (1 strofa)

 

 

PELLEGRINO [Antonio]:          Ogni vero, profondo rinnovamento, ogni riviviscenza dello spirito religioso parte da qui: dal ritrovare la pura immagine sorgiva. In Principio è l’Immagine.

 

 

Il Monaco conclude il canto, mentre il Pellegrino (Fabio) suona le campane. Si avvicina ai Pellegrini e suona il campanello. Tutti si inginocchiano

 

 

PELLEGRINO [Fabio]:              Dio nessuno l’ha mai visto: proprio il Figlio Unigenito, che è nel seno del Padre, lui lo ha rivelato.

 

 

Fabio suona il triangolo.

 

 

PELLEGRINI [coro]:     In principio era il Verbo, il Verbo era presso Dio e il Verbo era

Dio.

Egli era in principio presso Dio: tutto è stato fatto per mezzo di

lui,

e senza di lui niente è stato fatto di tutto ciò che esiste.

In lui era la vita e la vita era la luce degli uomini;

la luce splende nelle tenebre, ma le tenebre non l’hanno

accolta.

Veniva nel mondo la luce vera, quella che illumina ogni uomo.

Egli era nel mondo, e il mondo fu fatto per mezzo di lui,

eppure il mondo non lo riconobbe.

Venne fra la sua gente, ma i suoi non l’hanno accolto.

A quanti però l’hanno accolto, ha dato potere di diventare figli di

Dio:

a quelli che credono nel suo nome,

i quali non da sangue, né da volere di carne, né da volere di

uomo,

ma da Dio sono stati generati.

E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi;

e noi vedemmo la sua gloria,

gloria come di unigenito dal Padre,

pieno di grazia e di verità.

 

PELLEGRINO [Ernesto]:          Dio nessuno l’ha mai visto: proprio il Figlio Unigenito, che è nel seno del Padre, lui lo ha rivelato.

 

  1. Fabio: Dio è luce.

 

 

  1. Fabio suona il triangolo.

Un Pellegrino (“la bambina”) [Marta A.] si alza di scatto e, dando le spalle al proscenio, inizia a fare la conta canticchiando una filastrocca e disponendosi a giocare a nascondino.

Intanto due Pellegrini [Ernesto e Antonio] si alzano e sistemano un tavolo e una sedia al centro del tappeto, prima di uscire [Exit Ernesto, da uscita sin; Exit Antonio, da uscita dx. 1]. Anche gli altri Pellegrini escono di scena [Exit Tutti].

Il Monaco [Fabio] accende un lumino e lo sistema sotto al tavolo.

 

 

 

SCENA VUOTA

(restano la bambina e il Monaco)

 

 

QUADRO 3 – Le Beatitudini: intimo intimior meosuper superior meo

 

La bambina [Marta A.] finita la conta, si volta e non vede più nessuno. Cerca in ogni angolo della scena, fino a che non trova il lume sotto il tavolo. Lo raccoglie stupita e lo ripone sopra il tavolo dentro una tazza. Esce. [Exit Marta A., da uscita dx. 1]

 

Entra un giovane uomo [Antonio, da ingresso dx. 1], prende un pentolino e inizia a preparare il caffè. Prende la tazza fa per versarvi il caffè e sorpreso ne estrae il lume, lo lascia sulla tavola ed esce [Exit Antonio, da uscita sin]

 

Entra una donna [Valeria, da ingresso dx. 1] con un panno da cucire dentro un cesto che appoggia sulla tavola. La sua attenzione è catturata dal lume. Seduta, si avvicina alla luce e cuce. Poi ripone il panno cucito nel cesto e sopra il panno vi ripone anche il lume. [Exit Valeria, da uscita dx. 1]

 

Entra una seconda donna [Nicoletta, da ingresso dx. 1]. Si lava le mani in una ciotola, fa per prendere il panno dal cesto per asciugarsi le mani, ma trova il lume, lo guarda con stupore. Si asciuga le mani al suo calore, cerca una candela, la accende ed esce facendosi luce con la candela. [Exit Nicoletta, da uscita sin].

 

Rientra la bambina [Marta A., da ingresso dx. 1] prende il lume e conclude il suo gioco a nascondino portando il lume al Monaco e poggiando il capo sulle sue ginocchia.

 

Il Monaco e la bambina assumono una posizione nello spazio che ricorda quella della creazione di Adamo presente sulla facciata della cattedrale di Chartres. Rivolgendosi alla bambina, il Monaco dice:

 

 

  1. Fabio: Voi siete il sale della terra … e la luce del mondo. La luce tocca tutto, sta a noi aprirci alla luce, incorporare la luce, interiorizzandola la luce cresce. Dio è come la luce. Dio non parla sulla montagna, Dio non parla dal cielo, Dio non parla nel tempio. Dio parla nel cuore dell’uomo, perché il luogo dove si rivela Dio è il cuore dell’uomo. E non abbiamo bisogno di andare lontano per cercare una grotta sacra …

 

ORGANO

 
… porto la grotta dentro di me.

 

 

Il P. Fabio fa alzare la bambina e le indica l’uscita. [Exit Marta A., da uscita sin]

Rimasto solo in scena, batte con foga sul Gong.

 

 

PELLEGRINO (Fabio):             Et emisit spiritum … tutto è compiuto! Dentro la Croce non fuori, dentro la Croce, c’è tutta una ricchezza esplosiva di significati … Morte, resurrezione, ascensione, pentecoste.

 

                                          ORGANO sfuma

 

Discesi in me stesso e vi ritrovai la luce.

 

 

Il Monaco intona il Christus Factus Est Pro Nobis.

 

Due Pellegrini [Marta F., Maria Antonia] spostano il tavolo dal centro al margine della

scena.

 

SCENA VUOTA

 

 

 

Quadro 4 – Emmaus (1) ORGANO di sottofondo per tutta la scena (drammatico lieve)

 

In una striscia di luce entrano due Pellegrini [Antonio, Ernesto, da ingresso sin.] da sin, un terzo Pellegrino entra da destra [Marta F., da ingresso dx. 1]. Attraversano la scena, si incontrano e si avviano insieme verso sinistra, fino ad uscire [Exit Antonio, Ernesto, Marta F., da uscita dx. 1]

 

Contemporaneamente entrano due Pellegrini [Valeria, da ingresso dx. 1; Nicoletta, da ingresso sin]

 

 

PELLEGRINO dx [Valeria]: Noi avevamo sperato … alcune donne ci hanno detto di averlo visto! Ma noi non l’abbiamo visto … e adesso tutto è finito, tutto è davvero finito!

 

PELLEGRINO sin [Nicoletta]: Che cosa sono questi discorsi che state facendo fra voi durante il cammino?

 

PELLEGRINO dx [Valeria]: Tu solo sei così straniero … da non sapere ciò che è accaduto in questi giorni?

 

 

Il Pellegrino di destra è accasciato al suolo, resta solo in scena. [Exit Nicoletta, da uscita sin].

Entra un Pellegrino [Marta A., da ingresso sin] e gli si fa accanto.

 

 

PELLEGRINO [Marta A.]:        E dai loro occhi cadde come un velo. Tutto il Vangelo viene letto alla luce della Pasqua. Il Kerigma: Cristo morto e risorto. Ma per me il cuore del Vangelo non è la morte e la resurrezione di Cristo, perché queste vanno lette alla luce di tutta l’esperienza del Gesù storico vissuto con i discepoli. Si rovescia la prospettiva: senza l’esperienza che Gesù ha fatto con i discepoli non è possibile leggere la Resurrezione. La prospettiva che vi offro come testimonianza è il mio pane faticato e sudato. Se uno sente che questo pane non è digeribile per lui, non importa, ci sono altri pani.

”E lo riconobbero” … i discepoli si arrendono all’evidenza di un evento che sconfigge le evidenze carnali, che vince e dissolve anche le incertezze di una speranza trepida e che insieme sente l’inconsistenza del proprio sperare. Cristo li aiuta a ri-leggere … a ri-conoscerlo, a conoscerlo di nuovo e in maniera nuova … Dalla presenza corporea alla presenza spirituale, interiorizzata. Non un’evidenza fuggitiva, ma una presenza realissima, com’è vero e reale lo spirito, ma non è una presenza carnale, oggettiva. Il reale non è sempre oggettuale: l’anima è reale, lo Spirito è reale non è oggetto; Dio è realissimo, non è oggetto; la religiosità vera non è fatta di oggetti; l’idolo è oggetto; non Dio. Dio non fa mai nulla dall’esterno, la sua è una presenza nello Spirito, è una presenza interiorizzata. Per esprimere questa realtà e questa presenza nuova che riguarda Cristo, ma riguarderà anche noi, Paolo parla di un corpo pneumatico, cioè penetrato, illuminato, trasfigurato dallo Spirito. È una dimensione di vita ulteriore.

 

 

Il Pellegrino aiuta l’altro a rialzarsi ed escono [Exit Valeria, Marta A., da uscita dx. 1].

                                         

                                           FINE ORGANO

 

SCENA VUOTA

 

 

 

Quadro 5 – Emmaus (2) CANTO Ubi caritas et vera (Monaco+ cantante?)

 

Due Pellegrini [Marta A., Maria Antonia] riportano il tavolo e tre sedie al centro della scena ed escono. [Exit Maria Antonia, che torna alla posizione del Coro; Marta A., da uscita altare dx.].

Entra un Pellegrino (“il vedovo”) [Antonio, da ingresso dx. 1], che apparecchia per tre.

Si siede al tavolo e comincia a sfogliare delle vecchie fotografie, con gesto meccanico, ripetuto.

 

 

PELLEGRINO (Fabio):             Eccomi dunque qui, solo e disperato, senza verità, senza appoggio, senza una voce che mi dica dove sono, dove vado, donde vengo.

E non so chi interrogare. Quello che trovo oggi in me stesso

è che nulla ha importanza, nulla ha un significato,

non c’è nel mondo nessun mistero. Ecco la tremenda verità:

le cose sono soltanto cose e la loro mancanza di valore è

spaventosa.

 

 

Entra una Pellegrina (“la moglie del vedovo”) [Marta F., da  ingresso dx. 1] e si siede al tavolo (fare un gesto da cui si capisca che Marta F. è la moglie, ad es. rigirarsi la vera al dito?). Il vedovo la guarda ma non la vede. La moglie fa scivolare nel plico un’icona e restituisce al marito le fotografie. Lui torna a sfogliarle, questa volta ponendole una ad una di fronte al viso della moglie. Solo quando le pone davanti al viso l’icona, la riconosce.

 

La moglie si alza ed esce [Exit Marta F., da uscita sin]. Il vedovo guarda gli oggetti posti sulla tavola attraverso l’icona e li vede sotto altra luce. Guarda il pane, lo spezza e pone le due metà su due piatti apparecchiati in tavola.

 

Mentre il Pellegrino compie questi gesti, il Monaco raggiunge il fondo della scena e inizia a camminare da una parte all’altra, guardandolo. Comincia a parlare quando il suo sguardo incontra quello del Pellegrino, e gli si fa vicino.

 

 

PELLEGRINO (Fabio):             Nel pejo della rettoria di Saint Jaques, padre Acchiappati ha incominciato a camminare su e giù dall’altra parte del tavolo, parlava sottovoce, io ero parte di lui, parlava a se stesso parlando a me, e ho capito l’in-esse, quello che Gesù indica come punto più alto dell’amicizia, che non è più essere di fronte, ma essere dentro: uno nell’altro. C’è luce! Santa notte.

 

 

Il Pellegrino congiunge le mani in preghiera sulla tavola e appoggiandovi il capo, parla sottovoce.

 

 

PELLEGRINO [Antonio]:          Se è così posso accettare, accetto!

 

PELLEGRINO (Fabio): O mio Signore, accetto …

… Frammenti essenziali … lucerna al mio cammino! Quante volte nelle ore oscure, nelle ore dei cupi abbandoni, quel momento rivive e porta luce. Toccate dalla luce, le cose sono trasfigurate, mostrano una profondità diversa.  Le cose non sono soltanto cose, ma dono e segno di un più grande mistero.

Ecco la comunione dei Santi e di tutte le cose. Più realtà, più persone che hanno ricevuto e accolto la luce fioriscono nella loro verità e bellezza. Così ci si muove verso il principio di non dualità tanto caro all’oriente.

 

PELLEGRINO (Antonio):         Qual è l’evento che irrompe, che illumina, che crea questa nuova, interiore, spirituale, evidenza del Cristo crocifisso, ma vivente? Non è possibile dire … i racconti sono come un’icona e un’icona non descrive, un’icona non consente mai di risalire al volto fisico del santo, perché l’icona trasfigura, traduce risonanze di chi la guarda. Se faccio dei disegni geometrici posso sovrapporre i due disegni, se faccio delle fotografie anche se prese dalla stessa angolazione è difficile sovrapporle. Se poi faccio due icone assolutamente non posso sovrapporle, perché un pittore, un’artista, interpreta la profondità spirituale di un uomo.  No, non c’è più nulla di insignificante; tutto è grande, tutto è grazia: il Verbo si fa carne; ma è anche vero che la carne, nel sacramento, si fa Verbo.

 

 

Il MONACO intona l’Exultet  mentre il Pellegrino esce danzando [Exit Antonio, da uscita altare dx.]

 

 

SCENA VUOTA

 

 

 

 

Quadro 6 – La mendicante russa

 

Una Pellegrina coperta da un velo (“la mendicante”) [Marta F.] assume la posizione della mendicante russa, al centro della scena. Il Monaco si siede su una sedia, accanto al tavolo e la osserva.

 

 

MENDICANTE [Marta F.]:       Qual è il tuo nome? Dimmi il tuo nome! Qual è dunque l’essenza, il nome di Dio? Gesù?

 

PELLEGRINO (Fabio): “Io sono colui che è e tu sei colei che non è …” così diceva

Gesù a Caterina.

L’essere umano è domanda, è attesa … è una povertà che grida e anela a una ignota pienezza di vita. Il cuore esige pienezza di senso e consistenza e comunione e la sua povertà è la prima Beatitudine, radice di tutte le altre …  è tensione verso …

Come la cerva anela i corsi d’acqua, così l’anima mia anela a Te, o Dio. L’anima mia anela il mio Signore, così come il fiore la luce.

E ci mettiamo in cammino …

 

 

Il Pellegrino la invita con un gesto al servizio, orientandola verso la tavola. La Mendicante versa dell’acqua in una ciotola sul tavolo e da bere al Pellegrino.

 

 

PELLEGRINO (Fabio):             Chi beve dell’acqua che io gli darò, non avrà mai più sete, anzi, l’acqua che io gli darò diventerà in lui sorgente di acqua che zampilla per la vita eterna…. È giunto il momento, ed è questo, in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità; perché il Padre cerca tali adoratori. Dio è spirito, e quelli che lo adorano devono adorarlo in spirito e verità.

 

 

Mentre il Pellegrino esce [Exit Fabio, uscita sin], la pellegrina cantante intona il CANTO: Magnificat

 

Entrano due Pellegrini [Ernesto, Nicoletta], prendono il velo che era della mendicante [Exit Marta F., da uscita dx. 1] e lo fissano a due bastoni. Tendono il telo e si sistemano come due angeli in fondo alla scena, centrali, in modo da nascondere altre due figure che restano dietro il velo [Antonio, Marta A.].

 

 

 

– SCENA VUOTA –

(restano solo i due angeli con bastoni e telo)

 

 

 

Quadro 7 – Il mistero: dolore e bellezza

 

Entra una donna [Valeria] si siede a terra e comincia a mescolare nella pentola con un mestolo.

Una lama squarcia il telo teso alle sue spalle.

 

La donna compie numerosi tentativi per ricucire lo squarcio, tutti vani.

Afflitta, torna a terra e batte con foga il mestolo sulla pentola rovesciata.

 

Solo quando il battere acquista un ritmo regolare, un campanello risponde da dietro il telo. La donna si volta, si alza e inizia un dialogo di suoni.

 

Una mela entra in scena da dietro il telo. La donna la raccoglie e comincia a mangiarla, appoggiandosi al telo con la schiena.

 

Da dietro il telo, una mano le tocca la spalla. La donna scappa, mentre la mano si ritrae dietro il telo.

 

La cosa si ripete una seconda volta, ma la mano non si ritrae. La donna la afferra e comincia una lotta, finché la mano dietro il telo non lascia la presa e scompare alla vista.

 

La donna si avvicina incuriosita allo squarcio nel telo. È titubante, ma fa passare una mano al di . Quando la estrae, tra le dita stringe un fiore.

 

Guarda il fiore, lo porta al petto, appare quietata. Lascia il fiore in scena. Fa qualche passo in direzione del telo. Prima esita, poi passa completamente al di , si toglie il telo e tutti si rimettono ai loro posti lasciando la scena vuota. Solo il fiore resta a terra. [Exit Tutti]

 

 

 

– SCENA VUOTA –
(con fiore)

 

 

Entra il Pellegrino [Fabio, da ingresso sin] e portando il dito indice alla bocca in segno di silenzio dice:

 

 

MONACO:                              Ados … Adoriamo … Dio è più grande del nostro cuore e anche della nostra intelligenza: non è contro, ma più grande. Tutto è adorabile. Silentium!

 

– SILENZIO –

 

 

Il Monaco intona il CANTO Voce del silenzio (Monaco)

 

 

Quadro 8 – Finale: Camillo e il Contadino di Challant

 

Il Pellegrino [Fabio o Nicoletta] regge in mano uno specchio, gioca con la luce mentre racconta.

 

 

PELLEGRINO:                         Quando ormai Matilde non poteva più salire al Quintino Sella ed era costretta a restare giù nella casa di Gressoney, c’era un’ora di dolcezza struggente, quando Camillo, il rude custode della capanna sui monti, avanzava sullo sperone di roccia da dove poteva intravvedere la casa giù nella valle. Allora con uno specchio raccoglieva la luce dall’alto e ne gettava un raggio sulla casa. E dal basso Matilde raccoglieva il raggio di luce e lo rilanciava in alto verso il Sella … per ognuno di noi ci sia questo scambio tra il mondo dell’invisibile, il mondo dall’alto, e il mondo del visibile.

 

CANTO: Stella di Neve (Pellegrina cantante) – (durante l’azione che segue)

 

Il Pellegrino indossa la mantella e il basco di Don Michele ed esce di scena. [Exit Fabio o Nicoletta, da uscita dx. 1]

 

Entra un Pellegrino (“il contadino”) [Antonio? Ernesto? Fabio/Monaco/Don Michele che fa l’azione e dice?].

Lazione scenica è improntata sul gesto della semina ma versa terra sul tappeto. Potrebbe avvenire silenziosamente, (o con i pellegrini ancora presenti ai bordi, magari seduti che recitano una preghiera o cantano sommessi un canto popolare?); (Si potrebbe inserire qui nei gesti di Ernesto anche il riferimento al contadino che fa il segno della croce sulla terra dopo la semina. -“Per unimmagine creativa del cristianesimo”, pagina 277).

 

Trovando il fiore per terra, il Pellegrino lo raccoglie. FINE CANTO

 

 

CONTADINO (Antonio):         Era innamorato della terra, della campagna, il contadino di Challant, e mi diceva: “Quando io all’alba vado nel campo e guardo un fiore, la bellezza dei fiori, e prendo una manciata di terra, mi chiedo come mai da questa manciata di terra, informe, senza bellezza e senza grazia, nasce il miracolo del fiore”.

 

 

Il Pellegrino esce piantando il fiore nella terra. [Exit]

 

 

CANTO: Canto della pace (Monaco+ Cantante?)

 

VOCE RECITANTE:

 

“Guardate il fiore del campo” – come la luce è incorporata nel fiore così Dio è presente nelle cose.

È presenza creativa, nascosta, velata che fa crescere e riveste di miracolo e di grazia ogni cosa.

Se il chicco di grano caduto in terra non muore, rimane solo.
Ma se acconsente ad abbandonarsi alla zolla oscura, ma amica, allora porta frutto.
Il suo abbandono, però, non è inerte, passivo.
È una fedeltà creativa alla luce di Dio dentro di noi.

 

Dio è luce amante che si interiorizza al seme e lo trasforma dal di dentro infondendo così una forza ascensionale che porterà il seme al suo pieno compimento.

La luce non può che passare per l’incarnazione e trasformare, trasfigurare dall’interno la realtà.

Nell’accogliere in sé il mistero di Dio, nell’aprirsi al dono della luce,

incomincia il cammino ascensionale della zolla oscura,

fino alla pura bellezza del fiore.

La vita eterna non è solo dopo la morte, ma già ora si può farne esperienza …

“Ora siete beati se fate queste cose” dice Gesù.

 

La vita assoluta di Dio offerta nel Vangelo si sperimenta interiorizzando i costumi di Dio:

“Siate perfetti come perfetto è il Padre vostro” -“Padre tutte le cose tue sono mie, tutte le cose mie, sono tue” – “Io e il Padre siamo una cosa sola” – “Chi vede me vede il Padre”.

Questo è il cammino religioso di Gesù, che è diventato uno con Dio.

Egli è il primogenito, colui che apre la strada per giungere alla verità inaccessibile

a cui è chiamato ogni suo discepolo: diventare uno con Dio in un processo senza fine,

perché Dio è l’inesauribile, per giungere al momento in cui Dio sarà tutto in tutte le cose.

Qui sono i vertici. Se togliamo questo cuore del Vangelo, riduciamo il cristianesimo ad una morale. Il cristianesimo invece è mistero, è miracolo ed è sacramento,

come il fiore che incorpora in se la luce, diventa mistero della luce, miracolo, opera della luce e sacramento della luce.

In fondo nel fiore non vediamo la luce ma vediamo la fruttificazione della luce,

il fiore è il sacramento, direi la visibilità concreta della luce,

così come il cristiano deve esserlo di Dio.

 

Questo è il cammino cristiano, la salvezza, la trasfigurazione cristiana.

Interiorizzando Dio, come il fiore interiorizza e si nutre di luce,

l’uomo diventa capace di fare le cose di Dio come ha fatto Gesù,

anche nei momenti più negativi.

Ed è sulla croce che Gesù tocca il punto più alto della trasfigurazione

e della incarnazione di Dio.

Il vero volto della trasfigurazione è la croce,

dove Gesù giunge ad amare come Dio ama.

 

 

 

 

CANTO: Chi potrà varcare Signore la tua soglia

 

 

VOCE RECITANTE:

 

“Chi sono quelli che vestono di bianco?”, chiede l’Apocalisse.

“Sono quelli che sono passati attraverso la grande tribolazione”.

Sono uomini che “sanno” il dolore.

E le parole pronunciate sono parole che vengono dal frantoio.

Io sono l’uomo dei dubbi e non esorcizzo i dubbi:

li tengo e cerco faticosamente e lentamente

di chiarirli, di lasciare che emerga un po’ di luce.

Ho tanti dubbi, ma ho una sicurezza:

se devo affidarmi a una zattera, in questa traversata,

questa è la zattera dell’Evangelo.

E continuo il mio viaggio e mi basta

che io oscurità abbia amato la luce.

 

 

CANTO finale: La Vergine degli angeli

 

 

 

PREGHIERA finale con il pubblico presente e recitante:

 

Credo in un solo Dio che è Padre,

fonte sorgiva di ogni vita,

di ogni bellezza, di ogni bontà.

Da lui vengono e a lui ascendono

tutte le cose.

 

Credo in Gesù Cristo,

figlio di Dio e figlio dell’uomo.

Immagine visibile e trasparente

dell’invisibile volto di Dio;

immagine alta e pura del volto dell’uomo,

così come lo ha sognato il cuore di Dio.

 

Credo nello Spirito santo che vive

e opera nelle profondità del nostro cuore

per trasformarci tutti a immagine di Cristo.

 

Credo che da questa fede fluiscono

le realtà più essenziali e irrinunciabili

della nostra vita:

la Comunione dei santi e delle cose sante,

che è la vera Chiesa;

la buona novella del perdono dei peccati

e la fede nella Resurrezione

che ci dona la speranza

che nulla va perduto della nostra vita,

nessun frammento di bontà e di bellezza,

nessun sacrificio

per quanto nascosto e ignorato,

nessuna lacrima e nessuna amicizia.

Amen.

 

 

Don Michele Do

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