La Pasqua è questa divina certezza che tutto ha senso, che tutto ha consistenza in Dio, che nulla di quello che c’è di grande, di bello, di vero, di umano e di buono nella vita, nulla va perduto.
Tutto resta nell’eterno di Dio.
In questo senso, con questi orizzonti, noi possiamo celebrare la Pasqua e sentiamo che la nostra notte si illumina ed il nostro cammino non è un vagare nella notte, ma un andare verso una divina pienezza, dove Dio sarà finalmente, scopertamente, luminosamente, tutto in tutte le cose.
Dio diventa la speranza ultima della vita, l’ultimo orizzonte dell’uomo ed è bello pensare i nostri morti in questa luce di speranza, in questo orizzonte di pienezza per cui anche loro sono in cammino, tutti siamo in cammino, ed un cammino che non si arresta mai. E’un cammino che va, secondo il pensiero del più grande spirito religioso della chiesa antica greca, Gregorio di Nissa, «di cominciamento in cominciamento, di ripresa in ripresa, in cominciamenti e in riprese senza fine», fino al punto in cui «Dio sarà tutto in tutte le cose», allora saremo nella perenne e piena vita, «in un eterno mattino, in un sabato senza tramonto».
Non c’è mai nulla di definitivamente perduto: questi sono gli orizzonti del Vangelo. Non possiamo mai dire davanti a nessuna vita, a nessuna creatura, anche la più degradata, non possiamo mai dire, tutto è perduto. Mai. Nulla è mai definitivamente perduto, nulla è mai definitivamente chiuso, nella luce del Vangelo. Oltre la soglia, come dice San Gregorio di Nissa, la vita continuerà. Questo padre della chiesa d’Oriente diceva che la vita eterna, che è la vita in Dio, andrà “di cominciamento in cominciamento, di ripresa in ripresa, di cominciamento e in ripresa senza fine”, ma portando tutta la ricchezza della nostra umanità a livelli e a dimensioni più alte.