
“Pellegrini del Senso”
LABORATORIO TEATRALE
Saint Jaques 26-31 Agosto 2016
Alla scoperta di un maestro di “un’immagine creativa del Cristianesimo”
attraverso i linguaggi delle arti sceniche
Immagini e simboli nella narrazione teologica di don Michele Do
Don Michele Do è certamente una della figure più interessanti tra i maestri di spiritualità o forse sarebbe meglio dire pellegrino alla ricerca del Senso (o dell’assoluto) dei nostri tempi, di una chiesa che alcuni hanno definito “sottovoce”, uomo libero, che univa poesia e rigore del pensiero.
Nel decennale della morte vorremmo accostarne la figura e la sua lettura creativa del Cristianesimo nei luoghi dove visse.
Proponiamo una settimana di vita insieme a Saint Jacques di Champoluc, dal Venerdi 26 al Mercoledì 31 Agosto 2016. Si cercherà di mettere a fuoco il panorama storico-culturale in cui visse; si metteranno a confronto testimonianze di persone che lo hanno conosciuto e hanno condiviso con lui parti importanti del suo cammino di fede; si leggeranno testi di don Michele Do, nel tentativo di cogliere immagini e simbologie che caratterizzano il suo pensiero.
Non è cosa usuale affrontare un simile percorso di conoscenza con l’ausilio di linguaggi tipici dell’arte del teatro, ma il teatro è il luogo della praxis, è l’aratro con cui lavorare il campo che siamo noi e predisporlo alla semina della parola. Il teatro nel nostro caso rappresenta quella disciplina pratica che ci aiuterà a rielaborare i contenuti teorici e ad accoglierne lo spirito, a misurarci concretamente con questi, ad interiorizzarli, per restituirli infine in forma poetica (divina poiesis) da offrire alla comunità.
A questa settimana, seguiranno due Weekend , in date da concordare insieme, per giungere a una performance teatrale da presentare nel mese di novembre 2016.
PROGRAMMA della settimana a St. Jacques
Venerdì 26 agosto: mattina con accoglienza e pranzo insieme e presentazione del laboratorio.
ore 15.00 inizio attività.
Le giornate seguenti saranno così strutturate: Ogni mattina ci saranno esercitazioni fisiche riguardanti le tecniche teatrali di base, seguite da un tempo di ricerca e letture, da riprendere nel pomeriggio in forma teatrale con l’improvvisazione, la lettura e la recitazione.
Sono previste camminate in montagna nei luoghi cari a don Michele.
Interverranno al campo persone e testimoni particolari che ci aiuteranno nel lavoro di scoperta e conoscenza della figura di don Michele.
Conduce il Laboratorio teatrale l’attrice e regista Mira Andriolo
Il Laboratorio è gratuito, grazie a un Progetto finanziato dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Cuneo.
Ai partecipanti è chiesto un contributo libero per sostenere le spese del soggiorno.
Nota della conduttrice:
Lo sguardo e il pensiero di don Michele Do e la pratica dell’arte drammatica
“A teatro si tratta di fare un’esperienza d’incontro con l’idea che è esplicita, perché fisica” Alain Badiou
Un laboratorio con un “ passo a due” per compendiare testimonianza e trasmissione dell’esperienza del palcoscenico e dei fondamenti della vita e del pensiero di un maestro di vita come don Michele Do: la conoscenza del linguaggio dell’arte teatrale da una parte, e dell’arte del dialogo filosofico e della ricerca teologica con quella pedagogica dall’altra, nello stesso equilibrio in cui si trovano praxis (trattare affari, operare, esercizio, pratica di un’arte) e theorìa (osservazione, lo stare osservando, theoròs spettatore, theoreo sono spettatore, considero, contemplo) le quali, poste in questa successione e non viceversa, sono secondo natura e nella loro reciproca relazione. La prima si orienta verso l’esterno, mentre la seconda ritorna essenzialmente verso l’interno. Come l’espirazione e l’inspirazione nel movimento del respiro.
Entrambi i “modi” sono inseparabili l’uno dall’altro.
La praktiké è quel metodo “spirituale” che purifica la parte passionale dell’anima: l’esercizio dell’arte. Il suo scopo è ridare all’anima la sua salute naturale che consiste nell’a-patheia, cioè nella libertà dalle malattie (o passioni) che la estraniano. Senza questa serenità, che comporta un certo grado di distacco dagli avvenimenti, acquisita per gradi, la vita spirituale esattamente come quella artistica e creativa, degenera in illusione, distrazione, dispersione, dividendo e indebolendo le facoltà umane, prime fra tutte la capacità di attenzione e ascolto così essenziali all’efficacia dell’attore.
L’attore ha bisogno di unità e forza interiore per affrontare il lavoro che lo caratterizza. Un fare (praxis), che però non è rivolto semplicemente all’esterno o meglio non distingue assolutamente tra interno ed esterno. La praktiké abbraccia l’ambito totale delle relazioni dell’essere umano: verso se stesso come verso l’altro da sé e verso le cose, per questo viene detta anche ethiké.
In quest’ottica riconsiderare e recuperare un etica del palcoscenico può rappresentare un valido riferimento alla rivitalizzazione di un’etica dell’insegnamento: l’arte drammatica, per cui si tratta di diventare interpreti critici della realtà e responsabili, possiamo intenderla come paradigma dei processi dell’apprendimento.
Così come pratica e teoria sono le due sponde della stessa via in cui la theoria è il naturale “orizzonte” della praxis, che conduce passo passo al traguardo per il quale essa è predisposta e dal quale riceve la sua ragion d’essere, così l’insegnamento dell’arte drammatica, che comprende testimonianza e trasmissione, necessita di competenza esperienziale e pedagogica pur sapendo che la meta della praktiké , la “purezza del cuore” o l’unificazione interiore e la conseguente chiarezza di azioni e intenzioni, che sola rende l’uomo “contemplatore/artista” è sempre frutto della cooperazione tra “charis” – grazia, o per dirla con una parola più consone al linguaggio artistico tra “ispirazione”, ed “esercizio dell’uomo”. Allora l’arte attoriale, come la theoria, è anche o forse soprattutto, charisma. Un carisma che per esser raccolto e vissuto ha bisogno che sia coltivata una predisposizione, strumento leggero e preciso, prezioso nella professione di discenti e docenti.
Mira Andriolo