In  ricordo di Don Valentino

  

I lettori della "Gazzetta d'Alba" continuano a manifestare il loro attaccamento a don Valentino Vaccaneo. Pubblichiamo lettere giunte al giornale negli ultimi giorni.

 

Il ricordo di una nipote

 

Egregio Direttore, a volte occorre lasciare sedimentare le emozioni, belle o brutte che siano prima di esternarle. A volte con l’irruenza dei sentimenti si riesce a esprimere al meglio ciò che si prova.

Mi ritornano nella mente pensieri, gioie e dolori del passato se penso al mio rapporto con Don Valentino, il fratello più giovane di mia madre, anche lei mancata sette mesi fa. Di dodici fratelli, sei maschi e sei femmine, sono rimaste tre zie, le più forti, le più determinate e toste! Quanti ricordi di bambina attraversano la mia mente!

Mia madre mi raccontava che, quando chiedevano a nonna il perché di dodici figli, lei era solita rispondere: «Sono uno più bello dell’altro, non ci si può mica fermare!». Se, poi, penso all’omelia fatta da don Valentino al funerale di mia madre, in cui ci ha rivelato un momento della loro giovinezza veramente significativo, non posso trattenere le lacrime. Mia madre e zia Angiolina erano andate a trovarlo in seminario e lui aveva confidato loro che era triste per i brutti voti di greco. La loro risposta era stata: «Se non vuoi diventare sacerdote, torna a casa, ma se è solo qualche brutto voto che ti rattrista, non preoccuparti perché le difficoltà si superano se l’obiettivo è importante e desiderato».

Di dodici, una è morta appena nata per l’influenza spagnola nel 1917 e zio Natale è stato disperso nella guerra di Russia. Gli altri dieci sono stati per me degli esempi da seguire: intelligenti, sensibili, collaborativi e speciali. Don Valentino è stato, anche se lui non lo sapeva, il principale. Mi ha insegnato che si devono aiutare i più deboli senza preferenze. Chi ce la fa da solo, non ha bisogno del nostro aiuto. Dobbiamo cercare di far parte di coloro che si dedicano agli altri. Fortunatamente per me, per il momento e grazie al Signore, ho saputo avere la forza di occuparmi degli altri e spero di poterlo fare fino alla fine come ha fatto lui.

A volte anche io sono ritenuta un po’ “ingrombrante”, nonostante io sia più minuta di don Valentino. Parenti, colleghi e amici ritengono che tendo a sostituirmi a loro anche in situazioni in cui sarebbe meglio lasciar fare ad altri. Posso dire che non è fatto per prevaricare o perché non si ha fiducia negli altri, ma solamente per essere d’aiuto. Penso che anche zio fosse così! 

Siamo quattordici nipoti e, anche se ci vediamo poco, è sempre una festa quando ci incontriamo. Ci comportiamo come se ci fossimo visti il giorno prima! Spero che una parte delle meravigliose capacità di zio siano state ereditate geneticamente da noi nipoti, non solo i suoi occhi verdi.

Il coraggio, la dedizione, la perseveranza, l’umiltà e il non lamentarsi mai sono rari in un uomo. Tutte le volte che lo incontravo e che sapevo che stava facendo la chemioterapia, alla mia domanda sulla sua salute, mi ha sempre detto che stava bene. Il sabato prima che mancasse all’ospedale l’ho visto stanco e con gli occhi smarriti. Accanto c’erano persone come Giancarlo Bruni che era partito appositamente il mattino presto da Firenze per venire a trovarlo, amici e nipoti. Anche se cercavamo di restituirgli un po’ del bene che ci aveva dato, eravamo inermi di fronte alla sua sofferenza. 

Non ho potuto assistere al suo funerale, perché impegni di famiglia mi hanno portata altrove, ma non dimenticherò mai i suoi occhi che chiedevano di potersi chiudere. Al 31 di agosto avrebbe dovuto lasciare il suo impegno di parroco di Cristo Re e stranamente è mancato il 27 agosto per lasciare questa Terra ancora nelle vesti di parroco e non come un pensionato qualsiasi non più in grado di aiutare gli altri.

Ho voluto condividere le mie conoscenze con voi perché ritenevo giusto che a testimoniare la grandezza di zio ci fosse anche una nipote.            

 

                            Ada Toso, Diano

 

 

 

«Ho incontrato don Valentino a metà degli anni cinquanta»

 

Non ricordo la prima volta che ho incontrato don Valentino, ma penso fosse verso la metà degli anni cinquanta, nell’oratorio del Duomo: lui giovane chierico, bello, imponente nella sua talare, dal passo veloce, io poco più che un ragazzino. Ci faceva vedere il cinematografo, giocare e poi pregare. 

Nel 1958 lui già sacerdote e giovane curato del Duomo, io quasi diciottenne abbiamo passato insieme una settimana al campeggio estivo a Gressoney con le tende. Io mi ritenevo un privilegiato perché dormivo nella tenda di don Valentino! Non pensavo che quella settimana in Valle d’Aosta avrebbe dopo anni influenzato il mio futuro, infatti mi innamorai del campeggio e della montagna. 

Per quanto riguarda il campeggio divenne il mio lavoro vendere tende e accessori e tra i primi clienti proprio Don Valentino, per la montagna non sapevo invece che anni dopo la stessa passione mi avrebbe portare a reggere per 7 anni la sezione di Alba del Club alpino italiano. 

Qualche anno dopo Saint Jacques, nella prima baita, poi nella seconda poi nell’attuale Tournalin, anche li tantissimi ricordi: nella prima baita don Valentino sempre in borghese, così grande e prestante quando si andava in passeggiata, io invece mingherlino, mi sembrava un gigante. In quegli anni conobbi la ragazza che divenne poi mia moglie. Passano gli anni e ritorno a Saint Jacques con mia moglie e mia figlia piccola che appena vede don Valentino , grande e grosso, mi scappa di mano e si mette a piangere! Non posso dimenticare lo sguardo di don Valentino quasi dispiaciuto per l’accaduto. Anni dopo avrebbe imparato a conoscerlo e a volergli bene. Poi i ricordi del Torunalin dove sotto la direzione attenta di don Valentino quanto lavoro abbiamo fatto con l’amico Guido.

Ad Alba in Duomo invece quante battaglie combattute al suo fianco contro gli scassinatori di cassette per le offerte, fino a che decidemmo di costruirne di belle grosse, pesanti in acciaio, così finalmente l’elemosina rimaneva in Duomo. 

Poi nel 1994 l’alluvione. Quante persone abbia aiutato in quel momento veramente disastroso non lo so, ma di certo tantissimi me compreso, con il suo modo sempre pratico, schietto, fatto di gesti oltre che di preghiere.

Poi il suo trasferimento alla parrocchia di Cristo Re. Mi ricordo che al termine dell’ultima messa celebrata in Duomo, mentre stava andando in sacrestia mi vede e mi dice: «Continua il tuo servizio in Duomo, se hai bisogno sai dove trovarmi».

Inevitabilmente gli incontri erano diventati meno frequenti, ma ricordo con piacere la sua disponibilità nel celebrare ogni anno la messa in suffragio dei defunti del Cai, i festeggiamenti per i suoi 50 anni di sacerdozio e anche l’allagamento sotto la chiesa di Cristo Re , quando siamo andati, nonostante la stanchezza per aver già fatto altri interventi e la sera tarda, a tirar via acqua con la motopompa del Cai. 

Mi rendo conto che i miei ricordi sono legati a fatti concreti, a lavori o attività pratiche, ma questo è stato per me don Valentino: riuscire a trasmettere l’amore per Gesù e per gli altri attraverso la concretezza dei lavori quotidiani, attraverso un campeggio o la risoluzione di un problema pratico.

Grazie Don Valentino per avermi voluto bene così. 

A rivederci.

 

Franco Bordino, Alba

 

 

 

 

«Continuiamo a contare su di te»

 

Don Valentino ci ha lasciati e il vuoto è grande. Abbiamo perso un grande amico, un grande sacerdote e un grande uomo, uno dei più significativi protagonisti della vita sociale albese degli ultimi cinquant’anni. Lo scorso 20 luglio gli avevo scritto. Da pochi giorni avevamo saputo che a settembre avrebbe terminato la sua missione di parroco. Volevo esprimergli la mia personale riconoscenza e quella della comunità albese. Mi piace rinnovare quelle parole e quei sentimenti, oggi che per don Valentino è veramente “iniziato un altro tempo” e ripetergli nuovamente: «continuiamo a contare su di te».

 

Alba, 20 luglio 2012.
Caro Don Valentino, ho appreso dai giornali che sei giunto al termine del tuo servizio di parroco svolto per intero, se non sbaglio, ad Alba, prima in Cattedrale e poi in Cristo Re. Come sindaco, con la certezza di interpretare i sentimenti di tanti cittadini e dei miei predecessori, ti ringrazio di cuore. In questi 54 anni di vita sacerdotale tante cose sono avvenute ad Alba, e come è cambiata la città!
Tu hai condiviso il cammino di tante persone che hai conosciuto in giovane età e ora sono nonni, a ricordare ai loro nipoti che quel prete con la barba, tanti anni fa, li ha aiutati a dare un senso alla vita. Molte le opere che hai realizzato, molti gli stimoli culturali seminati, ma soprattutto molto il cammino nella ricerca della fede che hai posto alla base di ogni tua scelta. Ora comincerai un altro tempo e sono certo che saprai ancora essere di aiuto a coloro che materialmente e moralmente cercano sostegno.
Come amministratori stiamo vivendo un momento difficile in cui è necessario mettere insieme ogni risorsa per procedere con fiducia e tener viva la speranza. C’è bisogno della tua esperienza e di veder testimoniata quella fede concreta che sempre ci ha aiutati.
Una persona come te che non ha mai avuto paura di “sporcarsi le mani” con gli ultimi è una risorsa importante per la nostra città: contiamo ancora su di te.
Grazie don Valentino!
Con stima e amicizia.

 

Maurizio Marello

 

 

 

Ci hai accompagnato nei momenti più belli e più difficili

 

Carissimo Valente,
sono tanti i ricordi che ognuno di noi custodisce degli innumerevoli momenti vissuti insieme: ci hai insegnato a sognare cose grandi per noi e per gli altri, a esporci in prima persona per costruire un mondo migliore, a lottare e a ubbidire, soprattutto ci hai mostrato con la tua vita il volto invisibile di quel Dio alto e puro che si fa uomo. 

Ci hai accompagnato nei momenti più belli e più difficili delle nostre vite, hai camminato con noi, hai celebrato i nostri battesimi e i nostri matrimoni, di qualcuno anche l’ultimo saluto. A volte ti abbbiamo seguito, altre non ne siamo stati capaci, ma tu c’eri sempre.
Molte generazioni di giovani si sono formate e sono cresciute nella fede grazie ai tuoi insegnamenti. Grazie a te tanti giovani “invisibili”, ai margini dei percorsi pastorali ordinari, hanno avuto l’opportunità di riflettere sulla bellezza della vita e sul grande messaggio di amore e speranza che è Cristo risorto. 

Ripensare in questo momento di dolore a ciò che hai testimoniato con la tua vita sia per tutti noi un richiamo a proseguire il cammino che hai tracciato.

 

I giovani della Gioc

 

 

 

Valentino,

 

L’ “Io sono la Resurrezione e la vita” ti ha incrociato, ti ha preso per mano e ti ha condotto con sé. Lontano da noi eppure vicino a noi, questo ci dice la “comunione dei santi”. 

-         Vicino come coscienza critica di ogni annacquamento del Vangelo in nome di compromessi ecclesiali e sociali, in nome del lasciar perdere e del così stanno le cose. La tua predicazione, i tuoi interventi anche scritti e le tue posizioni avevano sempre il sapore della radicalità evangelica, della parola posta alla radice di molti modi di pensare e di agire. Manifestandoti in questo profeta alla Chiesa e alla città di Alba, ruvido e gentile, fragile e forte. Per questo inquietante e scomodo, il presente letto alla luce del Vangelo non basta mai. 

-          Vicino come memoria della passione d’amore di Dio in Cristo per i prediletti di Dio in Cristo, i poveri dai molti nomi. Ad essi cuore e casa ospitale, segno di un Dio marginale che ha posto la sua tenda tra i marginali in abiti e stile da marginale. 

-          Vicino come prefigurazione del dover essere di ogni parrocchia, a dimensione veramente universale. Luogo non solo della celebrazione della fede, ma altresì del pensare la fede posta al confronto con la modernità e con le grandi domande dell’uomo e dei giovani. Abolendo ogni steccato e facendo della parrocchia quello che oggi viene denominato il cortile dei gentili, spazio libero per i cercatori di senso al vivere, spazio in cui cattolici e non cattolici, credenti di altra religione e non credenti si trovano a loro agio, a casa loro. Indice di un Dio in Cristo a tutti Padre con viscere materne, a tutti amico, a tutti udito, a tutti parola. 

Valentino, ringrazio Dio del dono della tua amicizia e del fuoco di profeta e di pastore che ti consumava dentro. Ci sia dato raccogliere il mantello dei tuoi sogni, null’altro che quelli del tuo Cristo.

 

Giancarlo Bruni

 

 

Quella di don Valentino era una vicinanza concreta

 

La scomparsa di un amico crea sempre un vuoto. Si interrompe il filo di una relazione che negli anni ha accumulato, ricordi, esperienze, percorsi comuni, anche di sentieri alpini. Quella di don Valentino era una vicinanza concreta, di poche parole ma di molta attenzione. 

La baita albese a St. Jacquese in val d’Ayas ha costituito per cinquant’anni un punto di riferimento per molti che salivano durante l’estate, anche dai paesi vicini, per seguire le numerose iniziative di tipo culturale e religioso. La scelta di questo luogo e la fedeltà con cui è stata continuata credo sia stata motivata dall’amicizia per don Michele Do, che in quell’angolo remoto della Valle aveva scelto il suo romotorio. 

I ragazzi dell’associazione Ore undici di Roma erano rimasti colpiti dalla sua presenza: lo chiamavano Mangiafuoco per la mole imponente, la folta barba, i modi spicci. Anch’essi ne apprezzavano il senso pratico, la capacità organizzativa, l’attenzione amorevole.

Infaticabile, era sempre in azione. Era ancora parroco del Duomo di Alba quando l’ho conosciuto in occasione degli incontri organizzati a St. Jacques e già numerose erano le opere create a favore dei più bisognosi. Non parlava con facilità delle molte iniziative a favore dei giovani in difficoltà e delle famiglie di emigrati. Nella parrocchia di Cristo Re ho avuto più volte l’occasione di constatare personalmente la serietà della sua azione pastorale nei confronti dei giovani e degli adulti, delle famiglie e degli emigrati. Colpiva il coinvolgimento dei laici nella sua attività parrocchiale e con quale attenzione don Valentino sapesse seguirne le indicazioni e accoglierne le proposte.

Era un predicatore immediato e molto concreto, come anche uno scrittore efficace e schietto. Chi lo seguiva attendeva di leggere ogni settimana i suoi interventi nel giornale locale e di ascoltare le sue omelie. A volte si mostrava sorpreso delle reazioni che le sue parole suscitavano.

Sono rimasto meravigliato della discrezione con cui ha affrontato la malattia e della dignità con cui ne ha percorso le tappe. La sua memoria resta motivo di gratitudine a Dio per il molto bene che ha diffuso e suscitato intorno a lui. Mi auguro che la sua testimonianza continui a fecondare le comunità di Alba.

 

don Carlo Molari

 

 

 

«Ci manca il tuo sguardo attento verso gli ultimi»

 

Caro don Valentino,
da pochi giorni ci hai lasciati e già si avverte la tua mancanza nella nostra città che hai così tanto amato e servito. Ci manca il tuo sguardo profetico e a volte provocatore delle tue ‘Riflessioni al vento’, che sa scrutare i segni dei tempi e anticipare le conseguenze degli avvenimenti, con le tue ammonizioni a correggere il tiro e convertirci.

Ci mancano i tuoi richiami a vivere concretamente l’essenza del Vangelo, a una spiritualità profonda del servizio con amore verso il fratello, ad attualizzare gli insegnamenti di Gesù nella vita quotidiana e nel nostro tempo.

Ci manca il tuo sguardo attento verso gli ultimi, i più bisognosi, uno sguardo che sapeva cogliere, mentre noi eravamo distratti a guardare altrove o non guardavamo bene. 

Ci manca la tua capacità di realizzare opere concrete per rispondere ai bisogni dei nuovi emarginati del nostro tempo: negli anni ’70 e ’80 i tossicodipendenti, negli anni ’90 i primi immigrati, negli anni 2000 gli anziani non autosufficienti e i loro bisogni di cura.

Ci manca la tua visione di chiesa come una grande famiglia, accogliente e misericordiosa, non arroccata su sé stessa o a filosofie antiche, ma sempre aperta a nuovi modi di contaminazione del Vangelo nella cultura del nostro tempo.

Ci mancano i tuoi rimproveri e i tuoi calcioni, il tuo modo un po’ ruvido e burbero con cui cercavi di risvegliarci dal nostro torpore e dalla nostra insensibilità.

Ci manca la tua capacità di essere mattatore nelle serate tra amici, dove riuscivi a tenere banco per ore con barzellette, canti e recite e sapevi regalare sano divertimento a spettatori di tutte le età.

Grazie di tutto quanto ci hai donato con amore senza mai risparmiarti, Valentino, e riposa con i tuoi cari e i tanti amici che avrai raggiunto e riabbracciato. 

Come ha ricordato don Luigi Ciotti durante il tuo funerale, solo se sapremo vivere tutto ciò che ci hai insegnato, tu sarai ancora vivo in mezzo a noi.

 

Luciano Rosso

 

 

Un gruppo parrocchiale delle famiglie di "mezza età" della Parrocchia della Cattedrale, i cui membri hanno avuto la fortuna di trascorrere la loro giovinezza, negli anni '70,  tra la famiglia, l'oratorio e la chiesa, con le trasferte estive ed invernali a St. Jacques, desidera esprimere la propria gratitudine a don Valentino.

«Sei stato per noi, una guida!»

 

Caro Don Valentino,

nel rivolgerci a te riusciamo solo ad usare il presente perché ti sentiamo ancora vivo, qui, vicino a noi e non una persona scomparsa che possiamo solo commemorare. Tu sai che in coloro che amano andare in montagna, prima o poi nasce un’aspirazione, un desiderio: diventare una guida anche per altri che ancora non conoscono le emozioni e lo stupore che provocano le ascensioni ad una vetta. Per la maggioranza questo rimane un sogno, ma per pochi, e sono coloro che non intimoriti dalla fatica, dalla sofferenza e dalle delusioni questa aspirazione si concretizza. Tu sei diventato una guida, in montagna, su quelle cime valdostane del gruppo del Monte Rosa che tanto amavi, ma ancora di più nel cammino quotidiano di tantissime persone che a te si sono affidate quando, come ogni guida ti sei posto al loro servizio, nel tuo compito di sacerdote delle comunità della Cattedrale di Alba e di Cristo Re.

Hai cercato con il tuo esempio e la tua parola di far conoscere, vivere ed amare il Vangelo e la figura del Cristo. Hai cercato di insegnarci a scorgere e catturare quegli attimi di eternità che ognuno di noi vive nella sua vita per farci meglio apprezzare la pienezza della vita cristiana. Sei stato per noi anche un inseguitore di questi intensi momenti.

Te ne siamo grati e desideriamo ringraziarti.

Ognuno di noi ha incontrato sulla sua strada persone che sono state significative per la loro vita e per la loro crescita; a volte non le riconosciamo neppure, ma se allontaniamo un istante la nostra fretta, possiamo acconsentire che la nostra gratitudine trovi espressione.

Insieme a Don Michele Do tu ci hai fatto conoscere ed apprezzare Albert Schweitzer, filosofo, teologo, organista di talento ed infine medico missionario a Lambaréné, che paragonava la gratitudine inespressa ad una grande quantità di acqua che scorre sotto terra senza mai scaturire in sorgente. E invitava a cercare di essere l’acqua che riesce a zampillare fuori dalla terra per diventare la sorgente presso la quale gli uomini possano estinguere la loro sete di gratitudine.

Schweitzer così scriveva:

Non credo che si possano infondere in qualcuno idee che non siano già dentro di lui.

Normalmente in ognuno di noi vi è già qualche buona idea, pronta a fungere da esca.

Ma molte di queste esche prendono fuoco soltanto quando incontrano una fiamma o scintilla che viene dall’esterno, cioè da qualche altra persona.

Sovente, del resto, la nostra luce si spegne, e viene riaccesa per mezzo di un’azione altrui.

Perciò ognuno di noi ha ragione di pensare con profonda gratitudine a coloro che accesero la fiamma dentro di noi.

Vogliamo ringraziarti perché per noi tu sei stato l’amico, il padre, la persona che ha acceso la fiamma e  che ci ha insegnato a guardare in alto, a spaziare con lo sguardo e con il respiro, a non accontentarci delle cose mediocri e facili, colui che ci ha accompagnato in cima alle vette dove il nostro sguardo si apriva ad abbracciare i monti ed il cielo. 

I ricordi del tempo trascorso con te diventano numerosi e struggenti, ma tra tanti uno in particolare ci riporta ad un pomeriggio estivo a Saint Jacques di Champoluc, durante uno di quei numerosi campi scuola che organizzavi e che ci ha permesso di conoscere padre Turoldo, padre Vivarelli, don Balducci, don Sirio Politi, R.Panikkar, ed il gesuita padre Darù oltre ad alti e nobili spiriti del mondo laico. Era uno di quei momenti in cui terminati gli impegni “ufficiali” della giornata, senza più un ordine preciso, i dialoghi diventavano animati, il confronto con i relatori della giornata più intenso e vivo. Momenti che si desiderava prolungare oltre qualsiasi impegno e scadenza.

Arriva improvvisamente un abitante di Saint Jacques, che ti avvicina e ti sussurra all’orecchio poche parole. Il tuo volto si rabbuia e diventi improvvisamente serio e con fare risoluto ed autorevole inviti chi tra i presenti ritieni più adatto a prepararsi immediatamente per andare in montagna e partire senza esitazioni alla volta del rifugio Mezzalama.

Saranno state le diciassette e per arrivare al rifugio bisognava prevedere almeno due ore e mezza di cammino, ma lassù poco oltre il rifugio, sul ghiacciaio di Lambronecca, una comitiva di giovani era scivolata e forse qualcuno si era ferito gravemente.

Non c’era più nulla di importante in ciò che stavamo facendo, l’importante era correre in soccorso di persone che tu e nessuno di noi conosceva.

Dopo neppure dieci minuti, un piccolo drappello di sei persone erano in partenza insieme a te, sotto la tua guida.

Forse qualcuno di noi aveva obiettato che c’erano altre persone più qualificate che avrebbero potuto intervenire, che non spettava a noi il compito di andare a recuperare dei giovani inesperti, ma per te erano delle persone in pericolo che avevano bisogno di aiuto e tutto il resto passava in secondo piano. Per due dei tre giovani che facevano parte della cordata i danni furono limitati, purtroppo per il terzo non ci fu nulla da fare se non trasportarne la salma al rifugio.

Quella sera però, noi abbiamo capito perché tu eri, nelle diverse accezioni, la nostra guida.

Ancora Schweitzer scriveva: ” Se avessimo di fronte coloro che sono stati una simile benedizione per noi, e potessimo dir loro come ciò avvenne, sarebbero meravigliati di apprendere quanto della loro vita sia passata dentro la nostra.”

Ora noi abbiamo la fortuna di avere di fronte chi è stato una simile benedizione per noi, e per questo desideriamo ringraziarti perché un po’ della tua vita è certamente passata dentro la nostra.

Grazie, con affetto

 

 

 

Omelia del Parroco di Champoluc (Ayas) e Rettore di St. Jacques, don Pietro, per Don Valentino Vaccaneo, parroco di Cristo Re ad Alba,  in occasione del settimo giorno della sua partenza definitiva da questa terra per l’incontro con quel Cristo che lo ha affascinato fin da giovane ragazzo.

St. Jacques, 3 settembre 2012

“Ora sei nelle mani di Dio, nessun tormento ti toccherà più. Sei uscito dalla vita, ma non dalla nostra vita. Potremmo mai credere morto chi è sempre nel nostro cuore?»

S. Agostino

Carissimo don Valentino,

                                                 durante le tue esequie ad Alba avrei voluto  gridare: “Santo subito”, ma, forse, non tutti erano preparati ad ascoltare questo grido che in quasi tutti i presenti , sono certo, saliva spontaneamente dal cuore. Ho ancora un nodo alla gola quando penso a te. Non mi chiedo il perché ma sto cercando di capirne il senso. In fondo non ci siamo conosciuti molto, dieci anni e solo nei periodi  invernali  ed estivi quando salivi a St. Jacques per i campi scuola con i tuoi ragazzi, i tuoi collaboratori e i tuoi parrocchiani.

Eppure mi si presenta un nodo che sembra quasi strozzarmi. Forse perché per me sei stato un “profeta”: che dico profeta, un grande profeta, non un profeta minore ma un profeta maggiore, un profeta che ha dato la  voce agli ultimi parlando loro con la tua stessa vita e la tua testimonianza.

Un po’ più di un mese fa abbiamo parlato a lungo: due sacerdoti che mettono nel cuore l’uno dell’altro i propri misteri, i propri interrogativi, le proprie povertà  e le ricchezze di questa chiesa, di noi  preti,  che talvolta fanno  facciamo fatica  a carburare  nel macero della propria storia e a interrogarsi seriamente sul destino dei poveri, è sempre un grande dono.

I santi sono stati sempre dei grandi sognatori. Tu sei stato uno tra questi. Il tuo ultimo sogno è stato quello di aprire  una comunità di accoglienza a sostegno delle persone in difficoltà per rispondere a quelle domande di diffuso smarrimento che serpeggia oggi tra i giovani. Eri un’antenna che captava i segnali dell'uomo e quelli di Dio. Eppure, non ti eri reso conto che Dio ti stava preparando il premio dei giusti: il tuo sguardo era rivolto verso la vita.

I santi sono stati da sempre molto amati e molto odiati. Tu sei stato uno tra questi … nell’ultimo periodo si sono accaniti contro di te i tuoi nemici, dimenticando che così  facendo altro non hanno fatto che innalzarti alla gloria di Dio.

“Se hanno perseguitato me, perseguiteranno anche voi …” ha detto Gesù in Giovanni 15,20b … ma quante lacrime sono sgorgate dai tuoi limpidissimi occhi!

Sei stato un  profeta accanto ad altri profeti: U. Vivarelli, David Maria Turoldo, P. Balducci, E. Bianchi, P. Mazzolari e tanti altri che con te hanno camminato, dopo il Concilio Vaticano II, accanto ai poveri scoprendo la bellezza dell’essenzialità e del dono di sé alla scoperta giornaliera della verità risultando una voce fuori dal coro, una voce autentica testimoniata dalla tua vita all’insegna dell’obbedienza, a Dio, ai superiori e agli ultimi da cui ti sei lasciato interpellare fin nel profondo di te stesso insegnandoci a cercare e a dare sempre un senso profondo alla vita.

Hai servito la Chiesa, hai servito i poveri.

La droga, l’alcool sono proprio i segnali di chi ha smarrito il senso della vita. Tu avevi capito bene che i giovani di oggi vanno rincorsi là dove sono per accompagnarli a ritrovare se stessi in una dimensione di apertura alla vita che li fa sentire ancora protagonisti della propria storia.

Caro don Valentino sei stato un “vero uomo”, prima di essere un “vero prete”: questo l’ho capito subito al nostro primo incontro: mi son detto: “Qui c’è l’uomo”, e, quando c’è l’uomo ci può stare il sacerdote, non può esserci il contrario, sarebbe un assurdo.

Tu sei stato uomo accanto ai poveri offrendo loro responsabilità inaudite che nessuno si sarebbe mai sognato di dare, ma, facendo così, hai ridato la fiducia a centinaia di giovani che hanno visto la loro vita riemergere dal tunnel della tossicodipendenza, dal disagio sociale o dal disorientamento esistenziale della vita.

Il tuo maestro, don Michele Do,  ti aveva educato a “stare nel presente” ma a vedere l’oltre, così ci hai detto in una serata all’adorazione Eucaristica in Champoluc nel 2007.

L’oltre per te non era solo un teorico  affidarsi a Dio, ma un prendersi concretamente cura del povero. Si, caro Valentino, mi hai insegnato che bisogna fidarsi di Dio. Tu sei stato uno che si è fidato di Dio fino al martirio e noi tutti l’abbiamo visto.

A St. Jacques hai lasciato una traccia viva della tua presenza in cinquant’anni.  La notizia della tua improvvisa partenza ci ha lasciati attoniti perché noi ti abbiamo voluto veramente bene, eri, uno di noi, a cui si poteva confidare quel tracciato di vita che non si racconta mai a nessuno ma che resta sempre in sospeso. Io e te ci siamo sempre detto come stavano le cose nella verità. A St. Jacques eri di casa. Ti aspettavamo: eri una presenza viva, simpatica, familiare, amica… un mese fa ti abbiamo visto per la prima volta con il volto rigato dalle lacrime, ci siamo preoccupati, cercavi il tuo maestro … hai trovato Gesù che, seduto all’angolo della tua esistenza ti aspettava. Ha detto: “Basta, non sopporto più le tue lacrime”, vieni con Me.

A St. Jacques hai portato amicizia, serenità; la tua presenza era attesa perché un amico vero si attende sempre, e quando ripartivi se ne sentiva il vuoto.

E come non sottolineare la tua disponibilità nel servizio ministeriale della piccola cappella di St. Jacques in aiuto al Parroco. Quando arrivavi tu, io andavo in ferie (si fa per dire). Tu mi dicevi: “Se vuoi faccio io”. E io ti ho sempre lasciato fare e tu hai fatto sempre benissimo. La gente apprezzava la tua parola semplice, spontanea, si accorgeva che veniva dal cuore.

E come può la gente di St. Jacques dimenticare quelle messe al "Campo" che celebravi con tanto entusiasmo e passione: quel campo che sprizza storia vera ed autentica di due sacerdoti veri: don Michele Do e la tua, caro Valentino. In eterno ti portiamo nel cuore.

 

 

 

 

Don Luigi Verdi, fondatore ed animatore della Fraternità di Romena ospitata nel rustico che abbraccia la pieve di Romena ha scritto una preghiera per il suo amico che volentieri pubblichiamo.

 

Valentino

 

Valentino grazie, per questa tua vita, tessuta a mano, con le care tinture del cuore.

Valentino grazie, perché hai trasformato la tua vita in messaggio senza fumo, aiutandoci a riconsacrare la vita, aiutandoci a credere sempre nel­la gioia di vivere.

Valentino grazie, perché anche se, a volte, aspro di modi diventavi dolce, quando avvicinavamo i nostri occhi ai tuoi occhi.

Valentino, con amore e con libertà, con la fede e con la ragione hai spaz­zato via dal mondo ipocrita delle nostre coscienze l’ultimo pregiudizio, che l’amore non sia più forte della morte e la gioia più feconda della malinconia.

Ti voglio bene

perché le tue giornate non le hai fatte te ma le necessità del tuo popolo,

perché hai trasformato la lettera morte in amore,

perché la tua ordinazione non ti ha innalzato o isolato ma ti ha immerso nell’umanità,

perché hai costruito la tua sensibilità sul cuore di Cristo e sei divenuto capace di piangere, di intuire, di soffrire,

perché come Gesù quelli che Dio ti ha dato li hai conservati, custoditi come Lui con dolcezza e sollecitudine materna,

perché il tuo amore per la tua gente non è stato solo generoso ma anche rispettoso e delicato.

Grazie, perché come l’emorroissa hai costretto Gesù a fermarsi, come Zaccheo sei salito su un albero invece di arrenderti ai muri che gli uomi­ni creano, come Giairo sei uscito dalla sinagoga.

Grazie, perché hai dato quello che la chiesa, il mondo e questo tempo hanno perduto: la speranza.

Grazie, perché passavi facendo il bene, schiodavi i paralitici, alzavi la testa ai poveri, facevi camminare i sogni.

Grazie, perché sei diventato accoglienza universale, casa di tutti, albero fiorito, l’albero della vita per tanti. Valentino hai seguito quella prima limpida linfa di Dio che scorre attraverso i popoli, attraverso i secoli e con somma meraviglia, con somma gioia, Dio attraverso di te, la vede arrivare fino a noi, fino qua.
           

                            Luigi Verdi

 

 

 

 

 

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